sabato 7 agosto 2010

Brian Auger

Signore e signori, giù il cappello per questo settantunenne! Uno dei miei hammondisti preferiti, energico e intenso come pochi. Nonostante non sia più un pischello (quand'era giovane si lanciava in suonate disumane) , non si può certo dire che abbia disimparato il modo di approcciarsi alla musica, o quello di trattare l'hammond come si deve.
Era da tempo che sognavo di poterlo vedere dal vivo: l'occasione mi si è presentata pochi giorni fa, per il Nora Jazz Festival. A dire il vero, se non fosse stato per un amico (grazie, Mauro!) che mi ha avvisato del concerto, probabilmente non lo sarei mai venuto a sapere. Pubblicità zero, sul giornale hanno trattato l'argomento in modo spiccio, con un articoletto di dieci righe o poco più, del tipo "stasera Brian Auger a Nora" : solita disinformazione. Sarà stato anche per quello che non c'era molta gente: anzi, per un colosso della musica come lui, ce n'era davvero poca. Personalmente, questo mi ha fatto più piacere, perché un evento del genere era da godere in silenzio e tranquillità, lontano dagli schiamazzi e dalla ressa. Così è stato: pace, tranquillità e una colata di jazz funk dritta sulle orecchie.

Brian è considerato il "padrino" dell'acid jazz, quel movimento sviluppato da gruppi come Jamiroquai, Incognito, James Taylor Quartet, Brand New Heavies e via dicendo. Su di lui hanno speso parole di elogio alcuni tra i più grandi musicisti del mondo: gente come Herbie Hancock, Jimmy Smith, Simon Bartholomew. Capisco il perché: oltre a possedere una tecnica eccezionale, che gli permette di spaziare fra jazz, funk, rock e blues con una facilità disarmante, mi ha dato l'idea di essere una persona umile e dotata di un forte senso dell'umorismo (ad un certo punto, ha cominciato a scherzare sulla sua età, retrodatandosi al periodo dei druidi e dei dischi in terracotta) . Insomma, un grande musicista e una grande persona. Il suo gruppo, gli Oblivion Express, è a conduzione familiare, con Karma (il figlio) alla batteria - e che batterista! - e Savannah Grace (figlia) alla voce. Hanno attaccato con Truth, seguita da Freedom Jazz Dance, e poi via a tutti gli altri classici, snocciolati uno ad uno: Indian Rope Man, Save Me, Bumpin' on Sunset, Whenever You're Ready, Season of The Witch, ecc.
E' stato come ascoltare un greatest hits dal vivo: gruppo in splendida forma (menzione anche per il bassista Nick Sample) . L'unica fuori luogo, fra quelle superstar, era Savannah, un po' troppo limitata per poter competere con gli altri. Ad ogni modo, ha il posto assicurato da papà Brian, quindi, chi la tocca?
A fine serata, dato l'esiguo pubblico, sono riuscito ad avvicinarmi a stringere la mano a tutta la famiglia Auger, tutto contento per il concerto e per la disponibilità di questi artisti, poco superstar e molto umani.

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