Condivido un articolo di Tony Sleep, fotografo inglese, che parla delle storture e furbizie di quanti ogni giorno provano a trarre profitto dal lavoro altrui, promettendo in cambio tanta riconoscenza, pubblicità, felicità, libertà, amenità e... niente soldi.
Il post tratta di fotografia, ma è analogicamente applicabile alla musica e ad una miriade di realtà lavorative artistiche, dove non è raro sentirsi fare certi discorsi.
Ogni settimana, ricevo in media un paio di proposte di lavoro da
parte di gente che “non ha soldi” per pagare le mie foto. Case editrici,
riviste, giornali, organizzazioni, aziende affermate o appena avviate:
tutti pensano che la fotografia non costi niente, o peggio che mi stiano
facendo un favore ad offrirmi di pubblicare il mio lavoro offrendo come
compenso di aggiungere il mio nome qui o là.
Ho smesso di rispondere a queste richieste personalmente e linko semplicemente al seguente testo.
Allora, mettiamo le cose in chiaro. “Non abbiamo un budget per le
fotografie” significa in realtà: “Pensiamo che i fotografi siano dei
coglioni”.
Questa interpretazione potrà forse sembrarvi offensiva, ma possiamo
facilmente verificarla con un esperimento: provate ad entrare in un
ristorante della vostra città dicendo garbatamente “vorrei mangiare qui,
ma non ho previsto un budget per pagarvi”. Aggiungere che in cambio
farete pubblicità presso tutti i vostri amici non impedirà al
proprietario di sbattervi cortesemente fuori a calci.
Ora, immaginate di essere voi stessi i proprietari di un ristorante
dove la maggior parte degli avventori provano a cenare gratis con questa
tecnica. La risposta è NO, volendo essere esageratamente gentili.
E se in realtà “non abbiamo un budget” era solo una strategia per
tastare il terreno, la risposta è sempre e comunque NO. Non voglio avere
niente a che fare con degli avidi opportunisti che vorrebbero imbastire
una relazione professionale mentendo sin dall’inizio. Avete già
dimostrato di non meritare fiducia, dunque mi date anche ragione di
pensare che non sarete onesti sullo sfruttamento delle immagini e che
comunque farete di tutto per non pagare un euro.
Se invece siete di quelli che promettono un sacco di lavoro meglio
pagato più avanti se io accetto di aiutarvi a costo zero adesso, ottimo,
ci sto, offritemi un contratto. Altrimenti per quanto mi riguarda le
vostre sono tutte stronzate e la risposta è NO.
Anche perché, vedete, non me ne frega niente di “farmi conoscere”
regalandovi il mio lavoro. Quello che voglio è invece un rapporto
professionale di mutua collaborazione e beneficio. Da parte mia cerco di
offrire la massima onestà ed integrità professionale e mi aspetto che i
miei clienti facciano lo stesso con me. “Farsi conoscere” è la naturale
conseguenza di un lavoro ben fatto, non un mezzo per ottenere qualcosa e
lo stesso vale per il mio nome pubblicato insieme al mio lavoro: è una
prassi, nonché indice di correttezza. Al contrario, di guadagnarmi
applausi lavorando come un dilettante non me ne frega niente. Se avere
un prodotto gratis è più importante di avere un prodotto di qualità,
chiedete pure a qualcun altro.
Come la maggior parte delle persone, anch’io lavoro per pagarmi le
bollette e mandare avanti la mia professione e la mia famiglia. Il fatto
che io ami quello che faccio è semplicemente la ragione per cui sono
quarant’anni che mi impegno al massimo nonostante le difficoltà: se
pensate di avere il diritto di mancare di rispetto alla mia
professionalità in virtù di questo, vi sbagliate di grosso.
Perciò non vi sorprendete se scelgo di non aiutare dei parassiti che
guadagnano, o pretendono di farlo, sfruttando il lavoro dei fotografi – e
anche il mio – fino al midollo. Con alcune rare eccezioni (piccole
associazioni veramente no profit, mandate avanti da volontari) sono io
che questa volta non ho previsto un budget per rendere le imprese degli
altri più redditizie: già far quadrare i miei bilanci non è cosa da
poco, vista anche questa recente tendenza a far passare lo
“sfruttamento” come “un’incredibile opportunità”.
Il mio sostegno lo garantisco volentieri quando posso, attraverso
piccole donazioni ad organizzazioni che ritengo di voler aiutare o
semplicemente offrendo un pranzo ad un senzatetto. Vi assicuro inoltre
che quando lavoro per onlus e associazioni, lo faccio a tassi agevolati.
Penso di essere una persona onesta, generosa e gentile, ma mi sento di
non fare l’elemosina a degli accattoni stipendiati che mi chiedono di
riempirgli le tasche con soldi a manciate. Mi fanno incazzare.
Specialmente quando mi insultano dicendo che si, il mio è proprio un bel
lavoro, però non lo pagherebbero un cent.
Ho avuto delle conversazioni esilaranti con un sacco di gente che, a
quanto pare, pensa che delle buone immagini siano solo il frutto di
circostanze fortunate e che dunque sia loro diritto averle a costo zero,
semplicemente perché gli elettroni non hanno ancora un preciso valore
di mercato. Come la volta in cui incontrai la manager di un’importante
organizzazione inglese (con un utile dichiarato di oltre 3 milioni di
sterline). La signora mi spiegava quanto tenesse a pubblicare più foto
possibile sul sito internet del gruppo di cui era a capo: i visitatori
le trovavano infatti più efficaci ed immediate dei testi (prodotti per
altro da uno specifico team di scrittori retribuiti). Dunque
l’importanza delle foto era fuori discussione. Ma, forse, sarebbe stato
anche il caso di pagarle: magari usando una parte del budget annuo di
160.000 sterline che la suddetta organizzazione destinava ai contenuti
web (di nuovo, ho controllato le cifre dichiarate, disponibili online).
La signora proprio non riusciva a capire che la foto che aveva davanti e
che avrebbe tanto voluto pubblicare esisteva solo perché io avevo
investito tempo, denaro e lavoro nel crearla. “Ma tutti i fotografi di
solito sono ben felici di lasciarci pubblicare le loro immagini
gratuitamente” mi spiegava. Non credo proprio lo siano, probabilmente
hanno solo omesso di dare un’occhiata alle solite cifre che dicevo
sopra: se lo avessero fatto si sarebbero accorti che lei guadagnava
qualcosa come 66.000 sterline l’anno (circa €74.000 al cambio attuale, ndr) – giusto qualche soldo in più della retribuzione zero che invece offriva in cambio delle immagini.
E’ chiaro che soltanto i fotografi amatoriali possono permettersi di
fornire servizi senza ricevere un compenso: la fotografia non è per loro
una fonte di reddito. Fanno altri lavori, hanno una pensione,
guadagnano in altro modo, sono dei romantici con tendenze suicide – non
mi interessa. Io no. L’atteggiamento di far guerra ai professionisti per
farsi belli è profondamente egoista e ha conseguenze disastrose: distrugge la fotografia come mestiere, come rispettabile fonte di guadagno per la vita.
Ecco, questa è gente vanitosa e piena di sé e davvero si accontenta
di lavorare in cambio del proprio nome scritto accanto ad un’immagine:
se è tutto ciò che avete da offrire, chiamate pure uno di loro. In
alternativa, avete a disposizione una folta schiera di studenti e
neolaureati da sfruttare – sono disperati ed inesperti, vi consiglio di
cogliere al volo la ghiotta occasione di risparmiare qualche soldo e
peggiorare di un altro po’ le loro già precarie condizioni economiche.
Tutto questo significa che forse non riuscirete a procurarvi le
immagini che volete a costo zero? Beh, benvenuti nel mondo, è dura. A me
non danno certo macchine fotografiche, computer, programmi, benzina,
una casa e da mangiare senza spendere un euro. La fotografia è facile ed
economica no? Allora prendete una macchina fotografica e scattatevele
da soli le vostre stupide foto.
E se dopo aver letto vi sentite offesi, probabilmente è perché almeno una volta, ci avete provato anche voi.
Fonte: http://magazine.total-photoshop.com/tony-sleep-sono-un-fotografo-e-non-lavoro-gratis-critica-spietata-e-vera-per-riflettere-e-far-riflettere/
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